In principio era una scatola blu. Poi sono approdata in un mare di verde. E alla fine ho assaporato uno spaghetto condito con una salsa densa, cremosa e profumata…
La scatola blu, arrivata mezzo corriere, conteneva un foulard bianco, un cappello di paglia [nel campo sarebbe stato caldo], una forchetta e un barattolo in vetro con un’etichetta riportante il mio nome e un invito per scoprire come nasce il pesto alla genovese Barilla proprio quello che scade 18 mesi dopo la produzione ma che in etichetta presenta le diciture: “senza conservanti” e “prodotto con basilico fresco”.
[con Chiara e Elena, mie compagne di avventura]
Spinta dalla curiosità di scoprire come nasce qualcosa che tutti i giorni da anni trovo sugli scaffali e che anche io, che amo cucinare, spesso conservo in dispensa come asso nella manica da sfoderare in caso di ospite a cena improvviso o di voglia di un gustoso piatto di pasta quando torno a casa stanchissima dopo giornata lavorativa infernale [chi non ha MAI acquistato un prodotto pronto scagli la prima pietra], ho accettato la proposta di Barilla di “guardare io stessa”. Prima di partire ho fatto un passo indietro e mi sono vista in un supermercato con i dubbi comuni a tutti i consumatori intenti a scegliere i sughi pronti. La mia prima regola è: leggere attentamente l’etichetta. Su di essa sono riportate solitamente tutte le informazioni di cui necessitiamo per fare la giusta scelta. La lista degli ingredienti non dev’essere mai troppo lunga e dovrebbero essere preferibilmente quelli che utilizzeremmo a casa se cucinassimo noi quel sugo. “Chissà se contiene più grassi? Perché non compaiono i pinoli tra gli ingredienti? E l’olio extra vergine di oliva perché è presente in piccola parte? Si legge: “prodotto con basilico fresco”, ma com’è possibile?”.
La visita si è svolta prima sul campo e poi nello stabilimento. Ad attenderci all’alba il signor Giuseppe Bonati che è uno dei produttori del basilico per Barilla che ci ha spiegato la delicatezza di quella coltivazione, la stagionalità che dev’essere rispettata e la necessità di lavorare subito il prodotto onde evitare la perdita delle caratteristiche organolettiche e peculiari di questa profumata pianta aromatica.
Dopo la raccolta [che avviene circa tutti i giorni da giugno a settembre] il basilico viene subito trasportato presso lo stabilimento che si trova nelle immediate vicinanze del campo e viene lavorato entro poche ore.
Cos’ho trovato all’interno dello stabilimento produttivo? Innanzitutto il profumo del basilico appena raccolto che è più intenso di qualsiasi odore. Le forme intere dei formaggi DOP [Pecorino Romano e Grana Padano] con i quali viene prodotto il pesto alla genovese Barilla e delle enormi grattugie per macinarli. I volti di chi lavora lì, che quel Pesto lo fa mangiare anche a figli e nipoti e che ti spiega che pinoli e olio evo con il tempo tenderebbero ad irrancidire. E proprio a loro, a chi da anni nei mesi estivi segue passo passo la nascita di questa deliziosa salsa verde, ho fatto mille domande. Per conoscere le risposte dovete andare sul sito GuardaTuStesso dove farete il viaggio insieme a me e altre blogger.
E se vi è venuta voglia di pesto sappiate che nel prossimo post troverete una ricetta gustosa [e vi racconterò com’è andato l’assaggio]…
Categorie: Collaborazioni
Sara
Buona forchetta, blogger, sommelier e content creator sono un’instancabile curiosa. Per professione collaboro con numerose aziende legate al food, beverage e travel occupandomi di food writing, food styling, editing, food photography, tour enogastronomici e interviste agli chef. Social media addicted, mi trovate sempre connessa!
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Vorrei i semi di basilico della Barilla… 🙂
Hai visto com’è rigoglioso? Io a casa ho una piccola confezione di semi di quel basilico 🙂
non è basilico adatto a fare il pesto alla genovese quello!